L’obesità è diventata un fenomeno globale diffusissimo anche nei paesi meno sviluppati. Essere in sovrappeso è una malattia causata da diversi fattori che richiede un approccio olistico. Anche il microbiota intestinale svolge un ruolo importante nell’equilibrio del peso corporeo, poiché influenza l’utilizzo dell’energia proveniente dal cibo, il metabolismo dei grassi, l’appetito, i processi infiammatori e le funzioni ormonali. Un’alterazione nella composizione del microbiota intestinale può essere la causa, ma anche la conseguenza, del sovrappeso.
Che cos’è il microbiota intestinale?
Fin dall’inizio, l’uomo ha convissuto con batteri e altri microrganismi. Il microbiota intestinale è una specie di “organo nascosto”, della cui composizione e importanza per la salute umana si ha consapevolezza soltanto da pochi anni.
Il microbiota intestinale contiene un patrimonio genetico 100 volte maggiore rispetto a quello umano ed è costituito da batteri, virus, archei e lieviti. Un rapporto così sbilanciato a favore del microbiota ci lascia nell’incertezza su chi, effettivamente, controlli chi. Tuttavia, l’uomo e il microbioma devono vivere in simbiosi poiché l’uno, in linea di principio, non potrebbe sopravvivere senza l’altro.
L’uomo fornisce ai microbi spazio vitale, sicurezza e cibo. Per contro, il microbiota svolge un ruolo importante nel mantenimento dell’omeostasi, compreso il mantenimento del corretto peso corporeo, giacché partecipa a molti processi fisiologici come la digestione, la regolazione energetica, la modulazione del sistema immunitario, la sintesi vitaminica e la protezione da batteri patogeni e corpi estranei.
Finché il microbiota intestinale è in equilibrio, ha un effetto estremamente positivo sulla salute umana. Ma, una volta alterato, può causare molte malattie croniche (diabete, autismo, depressione, sindrome dell’intestino irritabile…).
La maggior parte dei batteri si trova nell’intestino crasso perché, a causa della maggiore esposizione agli enzimi digestivi, agli acidi gastrici e ai sali biliari, le condizioni per la sopravvivenza dei batteri nell’intestino tenue sono alquanto sfavorevoli. Il microbiota intestinale è costituito da 6 phyla (tipi) batterici, dominati dai phyla Firmicutes (60%) e Bacteroidetes (20%), che insieme rappresentano oltre l’80% dei phyla batterici e hanno un impatto eccezionale sulla salute umana.
Il rapporto tra Firmicutes e Bacteroidetes è alterato nelle persone in sovrappeso rispetto alle persone magre
Che cosa incide sul microbiota intestinale?
Il microbiota intestinale è estremamente dinamico e adattabile e risponde a molti fattori ambientali. Pertanto, la composizione e la diversità del microbiota intestinale variano costantemente a partire dalla nascita dell’essere umano.
Il periodo più importante sono i primi anni di vita. Durante questo periodo, il ruolo della madre è fondamentale per la corretta formazione del microbioma del bambino. Infatti, il metodo scelto per partorire (parto naturale, taglio cesareo), l’alimentazione nei primi mesi di vita (allattamento al seno, alimentazione artificiale) e l’ambiente familiare costituiscono le basi del microbiota del bambino.
Durante lo svezzamento, con la graduale introduzione di altri alimenti, nell’organismo del bambino si verificano nuovamente drastici cambiamenti che renderanno il microbiota più diversificato, a tal punto che il bambino, all’età di circa due anni e mezzo, avrà un microbiota intestinale simile a quello degli adulti.
Anche se il microbiota diventa più stabile quando raggiunge la maturità, la sua eterogeneità e la sua composizione sono influenzate da una serie di fattori. Il suo sviluppo è soggetto all’impatto delle condizioni igieniche, dell’ambiente in cui viviamo, dello stress, del consumo di alcol, del ritmo circadiano, dell’età anagrafica e del nostro patrimonio genetico. Il microbiota subisce grandi cambiamenti anche quando assumiamo farmaci, in particolare antibiotici e farmaci che inibiscono l’acidità di stomaco.
Tuttavia, tra tutti i fattori che influenzano il microbiota, il maggiore impatto va attribuito senz’altro all’alimentazione. Gli alimenti troppo elaborati, con un alto contenuto di grassi saturi e zuccheri e con quantità minime di fibre, influiscono negativamente sul rapporto tra batteri Firmicutes e batteri Bacteroidetes. D’altro canto, una alimentazione basata sulla dieta mediterranea permette di mantenere un buon equilibrio tra batteri “cattivi” e batteri “buoni”.
I principali fattori che incidono sul sovrappeso
Non si può negare che l’obesità sia causata da uno squilibrio prolungato tra apporto e consumo energetico. L’equazione per perdere il grasso corporeo in eccesso è, dunque, molto semplice: è necessario spendere più energia di quella che immettiamo nel corpo. Anche se sembra facile, chi abbia provato a perdere peso sa che non lo è per niente.
Il peso corporeo è regolato da complessi meccanismi ormonali, neuronali e metabolici che incidono sull’apporto e il dispendio di energia.
Un apporto energetico eccessivo è spesso il risultato del consumo di cibi ad elevata trasformazione che sono estremamente energetici poiché contengono molti grassi saturi e zuccheri. Introducendo questo genere di alimenti nel nostro corpo, superiamo facilmente il nostro fabbisogno energetico quotidiano, iniziamo a immagazzinare l’energia in eccesso nel tessuto adiposo e, allo stesso tempo, influiamo negativamente su molti altri processi corporei, come l’innesco di infiammazioni croniche.
Questo tipo di alimentazione provoca anche alterazioni nella composizione del microbiota intestinale riducendone la eterogeneità, caratteristica estremamente importante per la salute umana e per il peso corporeo, perché il microbiota intestinale influisce significativamente sul metabolismo in generale, sull’appetito, sul metabolismo degli acidi biliari e sul funzionamento dei sistemi ormonale e immunitario.
Come il microbiota intestinale influisce sul peso corporeo
Il microbiota intestinale influenza direttamente la digestione, oltre a incidere anche sull’assorbimento e sul metabolismo del cibo, e può potenzialmente influenzare anche l’aumento di peso attraverso una serie di meccanismi differenti.
1. Il microbiota intestinale influisce significativamente sull’apporto energetico
I batteri dell’apparato digerente sono corresponsabili dell’apporto energetico, perché partecipano alla digestione di alimenti altrimenti indigeribili per l’uomo e consentono, quindi, l’accesso a fonti di energia che altrimenti sarebbero inaccessibili e che verrebbero eliminate dall’organismo insieme alle feci.
Nelle persone obese, la composizione del microbiota intestinale è alterata. Il loro microbiota è meno ricco e diversificato, e il rapporto tra i batteri Firmicutes e Bacteroidetes è sbilanciato a favore dei primi. È noto che i batteri del phylum Firmicutes sono particolarmente efficaci nella scomposizione dei carboidrati indigeribili e nella loro conversione in acidi grassi a catena corta che possono essere assorbiti.
La dieta occidentale, ricca di grassi saturi e zuccheri e povera di fibre, crea un ambiente favorevole per lo sviluppo dei Firmicutes che metabolizzano efficacemente i carboidrati e, quindi, consentono un maggiore utilizzo dell’energia proveniente dal cibo consumato. Questo surplus di energia, tuttavia, se non viene consumato, sarà immagazzinato nei depositi di grasso.
Gli acidi grassi a catena corta (butirrato, propionato e acetato) si formano così come sottoprodotto della fermentazione delle fibre indigeribili e possono successivamente fungere da forma di combustibile disponibile per i processi cellulari in vari organi. Le cellule intestinali, ad esempio, ricevono dal 60 al 70% della loro energia dagli acidi grassi a catena corta. Tuttavia, gli acidi grassi a catena corta non consumati vengono immessi nel flusso sanguigno. In questo modo, una persona dovrebbe ottenere fino al 10% del fabbisogno energetico giornaliero.
Va anche detto che gli acidi grassi a catena corta hanno ruoli metabolici differenti. Mentre il butirrato è la principale fonte di energia per le cellule intestinali, l’acetato e il propionato vengono utilizzati nella produzione del grasso, del colesterolo e nella gluconeogenesi, ossia nel processo di produzione del glucosio.
Tuttavia, non è così semplice come sembra a prima vista. Gli acidi grassi a catena corta, infatti, oltre ad offrirci enormi benefici, hanno anche un impatto positivo sul peso corporeo. Ad esempio, l’acetato attraversa la barriera ematoencefalica, agisce sull’ipotalamo e riduce il senso dell’appetito, mentre il butirrato inibisce l’attività dei neuroni che stimolano l’appetito.
L’aumento del grasso corporeo non è soltanto il risultato di un migliore utilizzo dell’energia proveniente dal cibo, ma si basa anche sulla genetica microbica, perché ben il 75% dei geni microbici associati all’obesità appartiene al phylum batterico dei Action Bacteria, il 25% ai Firmicutes, mentre il 42% dei geni connessi alla snellezza è riconducibile al phylum batterico dei Bacteroidetes.
2. Il microbiota intestinale partecipa al metabolismo della bile
La connessione tra gli acidi biliari e il microbiota intestinale è bidirezionale. Oltre ad essere necessari per un’efficiente digestione dei grassi, gli acidi biliari svolgono anche un ruolo nella regolazione del microbiota intestinale. Gli acidi biliari hanno un effetto antimicrobico, danneggiano, cioè, le pareti cellulari e prevengono la crescita batterica. Una dieta basata su un elevato apporto di alimenti di origine animale aumenta il numero di microrganismi resistenti agli acidi biliari, portando a disturbi del microbiota intestinale.
D’altra parte, i batteri intestinali possono metabolizzare gli acidi biliari primari che si formano dal colesterolo nel fegato in acidi biliari secondari. Possiamo, dunque, dire che il microbiota intestinale influisce sul metabolismo dei grassi e sull’equilibrio del colesterolo.
3. Il microbiota intestinale alterato può portare a infiammazioni sistemiche
L’obesità è associata a un’infiammazione sistemica di basso grado che può portare alla insulino-resistenza e a una serie di malattie metaboliche (diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari, steatosi epatica non alcolica…). Il nesso chiave tra infiammazione e obesità è il microbiota intestinale alterato che favorisce la permeabilità intestinale. Uno dei fattori scatenanti dell’infiammazione sistemica, riconoscibile nelle persone obese, è dato dalle endotossine, lipopolisaccaridi che sono parte integrante delle membrane cellulari di alcuni batteri.
Una dieta ricca di grassi e zuccheri può portare a disturbi del microbiota intestinale nel quale prevale la presenza di batteri che sono una ricca fonte di lipopolisaccaridi e altre endotossine. D’altra parte, una simile dieta minaccia anche la permeabilità della parete intestinale.
L’aumento della permeabilità intestinale facilita l’ingresso di livelli più elevati di lipopolisaccaridi nel flusso sanguigno. Una volta penetrati nel sangue, essi intensificano i processi infiammatori, favoriscono l’accumulo di grasso, l’iperglicemia, la steatosi e provocano la insulino-resistenza, oltre ad essere generalmente associati all’insorgenza di malattie metaboliche.
D’altra parte, ci sono cellule batteriche (es. Bifidobacteria, Akkermansia Muciniphila) che contribuiscono a stabilizzare la parete intestinale, riducono l’infiammazione sistemica e l’insulino-resistenza e regolano il sovrappeso.
4. Come il microbiota intestinale influisce sull’appetito
L’intestino e il cervello sono strettamente interconnessi. La comunicazione tra loro avviene in entrambe le direzioni attraverso il sistema nervoso autonomo e attraverso il sistema endocrino (ormoni).
Vari organi del corpo (stomaco, pancreas, intestino e tessuto adiposo) rilasciano ormoni che agiscono stimolando o sopprimendo l’appetito. Gli ormoni sono molecole di segnalazione che trasmettono informazioni sullo stato del corpo al cervello. L’appetito è controllato attraverso il sistema nervoso centrale (ipotalamo), che risponde ai segnali degli ormoni dello stomaco e dell’intestino e ai segnali provenienti dal tessuto adiposo.
Il microbiota intestinale, con la sua composizione e i metaboliti che si formano durante la fermentazione, stimola il rilascio di ormoni e neurotrasmettitori e incide su quali e quanti di questi ormoni saranno sintetizzati. Il microbiota influisce, così, sulla sensazione di fame o di sazietà. La leptina e la grelina sono ormoni che influiscono significativamente sull’equilibrio energetico.
Oltre alla sua fondamentale funzione di accumulo di energia, il tessuto adiposo ha anche la funzione di secernere ormoni come la leptina. La leptina è un ormone a efficacia prolungata che aiuta a regolare l’equilibrio energetico e trasmette informazioni al cervello sullo stato delle riserve di energia sotto forma di tessuto adiposo. Quando queste scorte sono sufficienti, inibisce l’assunzione di cibo e stimola il dispendio energetico.
La grelina, d’altra parte, è un ormone di breve effetto che viene rilasciato quando non mangiamo. È coinvolto nei processi di equilibrio energetico, così come nei meccanismi edonici che influenzano la regolazione dell’appetito. L’ormone grelina viene rilasciato nello stomaco, attiva il nervo vago o viene trasmesso attraverso il flusso sanguigno al cervello, dove passa attraverso la barriera ematoencefalica e trasmette segnali di fame al cervello, stimolando così l’assunzione di cibo.
Come ripristinare l’equilibrio del microbiota intestinale?
Il microbiota intestinale è molto adattabile e sensibile. Se cambiamo dieta, il cambiamento nella composizione microbica inizia a manifestarsi nelle prime 24 ore e si stabilizza definitivamente entro 10 giorni.
Possiamo incidere sulla composizione del microbiota intestinale operando opportuni interventi nella nostra dieta e prestando ulteriore attenzione all’assunzione di alimenti probiotici e prebiotici.
Il primo passo da compiere è ridurre l’assunzione di alimenti altamente trasformati e cibi ricchi di grassi saturi e zuccheri, poiché tali alimenti hanno un effetto nocivo sul microbiota intestinale.
Dovremmo, piuttosto, basare la nostra dieta su alimenti d’origine prevalentemente vegetale (carboidrati “buoni”, legumi, frutta a guscio, semi, frutta e verdura), avendo cura di variarli il più possibile.
È bene includere nella propria dieta alcuni dei seguenti nutrienti che supportano il microbiota utile al nostro organismo:
- Quando si parla di microbiota intestinale, non si può prescindere dalle fibre, che sono il nutriente più importante per i microbi intestinali “buoni”, e quindi per la salute intestinale in generale. In altre parole, una buona funzione intestinale è il fondamento della nostra salute.
Anche un piccolo e breve aumento dell’assunzione di fibre provoca grandi cambiamenti nel microbiota intestinale. L’obiettivo è consumare almeno 30 g di fibre al giorno, ovvero circa 5 porzioni di frutta o verdura al giorno (2 porzioni di frutta e 3 porzioni di verdura). Le fibre si trovano in ogni fonte di alimenti vegetali sani (es. frutta, verdura, legumi…).
- I polifenoli e i flavonoidi si trovano in frutta e verdura, tè verde, caffè, legumi, frutta a guscio e semi. Hanno proprietà antiossidanti, antinfiammatorie, neuroprotettive e antitumorali. Questi composti, dal lento e scarso assorbimento, rimangono più a lungo nell’intestino, dove possiamo sfruttare tutti i loro effetti benefici sul microbiota intestinale.
- Gli acidi grassi Omega 3 sono acidi grassi essenziali che il corpo umano non può produrre da sé, quindi deve assumerli attraverso il cibo. Pur non trascurando gli altri importanti effetti esercitati nell’organismo umano (es. salute cardiovascolare), non possiamo ignorare l’effetto benefico esercitato sul microbiota intestinale. Gli acidi grassi Omega 3 modulano direttamente la diversità del microbiota, riducono i processi infiammatori dovuti ai lipopolisaccaridi e hanno un effetto benefico sulla produzione di acidi grassi a corta catena.
Gli acidi grassi Omega 3 si trovano in vari alimenti d’origine animale (principalmente nel salmone, nelle sardine e negli sgombri) e in alcuni alimenti di origine vegetale (noci, semi di lino e semi di chia); tuttavia, poiché si trovano nella forma inattiva, gli Omega 3 hanno bisogno di essere ulteriormente convertiti e questa conversione riguarda solo dallo 0,5 al 5% del totale.
- Probiotici e prebiotici: due sostanze alimentari la cui buona fama è certamente giustificata. I probiotici sono microrganismi viventi che hanno un effetto benefico sulla nostra salute. Si trovano negli alimenti fermentati (yogurt, kefir, crauti e barbabietole, miso, verdure fermentate…), oppure si possono assumere in forma di integratore alimentare. Ingerendoli, entrano direttamente nel tratto gastrointestinale e aiutano così a ripristinare il microbiota intestinale alterato.
I prebiotici sono, invece, “cibo per il microbiota intestinale”, in quanto modulano il pH dell’intestino che non è adatto allo sviluppo di batteri patogeni e aiutano a regolare l’appetito. Ma qual è la differenza tra fibre e prebiotici? I prebiotici sono in realtà fibre, mentre, d’altra parte, non tutte le fibre sono un prebiotico. Per esserlo, la fibra deve avere due proprietà: la prima è che il microbiota intestinale possa essere utilizzato e fermentato; la seconda è che gli effetti benefici (sulla salute) vanno dimostrati scientificamente.
I principali prebiotici sono l’inulina, i frutto-oligosaccaridi e i galatto-oligosaccaridi che si trovano nella frutta (albicocche, nettarine, melograni, prugne, fichi, datteri…), nelle verdure (carciofi, barbabietole, aglio, cipolle, cavolini di Bruxelles), nella frutta a guscio e nei legumi.
Negli individui in sovrappeso possiamo osservare un deficit di diversità del microbiota intestinale, che è anche associato alla dislipidemia (trigliceridi e colesterolo elevati), all’alterazione del controllo della glicemia e ad un’elevata infiammazione di basso grado. L’intervento dietetico, con un minor apporto energetico e con il supporto del microbiota intestinale, è un’ottima strategia dimagrante. Poiché il microbiota intestinale, come abbiamo detto, è flessibile e adattabile, può essere ripristinato con un adeguato supporto dietetico e modificando lo stile di vita.
La miglior dieta per la salute del microbiota, quella che ci è geograficamente più vicina, è senz’altro la dieta mediterranea, che si fonda su una vasta e variegata base vegetale con un elevato apporto di olio extravergine di oliva e acidi grassi Omega 3, ma con un basso contenuto di proteine animali, grassi saturi e zuccheri.
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